L’altro
giorno su facebook ho trovato l’immagine che vedete a lato. A chi la proponeva
ho scritto che in genere, gli zingari preferiscono le roulotte piuttosto che le
case. Dunque, io vedo razzismo più nello spirito di chi ha scritto quel
messaggio su quella foto, mostrando pregiudizio rispetto agli zingari. È
difficile relazionarsi con gli zingari? Bella scoperta! Stareste voi in
campeggio tutto l’anno? Probabilmente no. Vivreste voi di espedienti? Preferite
di no...
Anzi,
ci sentiamo di poter dire che quello stile di vita non ci appartiene, ma per molti
di noi non dovrebbero tenerlo nemmeno coloro ai quali è caro. Gli zingari,
appunto. Gente che la storia ha già visto soccombere di fronte all’arroganza di
altri. Ultima in ordine di tempo la Porrajmos (la loro shoah), con 500mila
zingari finiti nelle camere a gas e nei campi di sterminio dei nazisti.
Vorremmo che cambiassero modello di vita. Magari ci sfugge che tutti insieme
alimentiamo modelli di vita nei quali alcuni vip sono autorizzati a far soldi a
palate, siano un calciatore di serie A, o un cantante, o altro. Già, ma questi
usano i deodoranti, gli zingari invece, di base, sporcano pure tutto intorno al
loro insediamento. In effetti, casi così non mancano. Ne sono stato testimone
io stesso a Russi in veste di assessore, richiamato da residenti della zona artigianale
in cui avevamo concesso la sosta ad alcune roulotte.
Ma i
luoghi comuni valgono sempre?
Prima
di dire sì, vedendo anche l’arrivo in redazione di comunicati dettagliati, con
tanto di foto ‘rapite’ a distanza nel cortile di una parrocchia cittadina,
abbiamo pensato di verificare sul posto e direttamente con il parroco come
stanno le cose. Qualche mese fa don
Luca Ravaglia è succeduto a don Massimo Goni in San Savino, con residenza nella
canonica della chiesa della Madonna del Paradiso. Alla richiesta di aiuto da
parte della associazione Papa Giovanni XXIII per una famiglia Rom, a settembre egli
ha ritenuto di aprire le porte della parrocchia. Prima ha fatto parcheggiare un
pulmino, poi ha procurato un paio di roulotte usate e le ha fatte parcheggiare
in un angolo del cortile adiacente il campo da calcio.Michele, 22 anni, era
arrivato l’estate scorsa con la moglie Samira (24enne) e due figli per
occuparsi della sua anziana madre cui era stata amputata una gamba. Al di là
dell’Appennino ha lasciato un camper vecchio, da demolizione, e si è ritrovato
in Romagna senza un tetto. E a fine estate può andare ancora bene dormire
all’aperto,magari con un po’ di cartone. Poi arriva la stagione fredda e…
Don
Luca da dove vengono questi suoi ospiti?
Sono una giovane famiglia Rom arrivata
dalla Toscana, con due bambini, poi c’è la mamma di lui, anziana e senza una
gamba.
Di
cosa vivono?
Li ospitiamo e manteniamo come parrocchia,
grazie a donazioni di privati, aiuti della Caritas e dell’associazione Papa Giovanni
XXIII. Per il mangiare li invitiamo anche ai pranzi comunitari, quali la cena
del povero in programma ogni venerdì. Ma aiutiamo loro, come decine di altre
famiglie, straniere e italiane che bussano alla nostra porta. E non è che siamo
particolarmente ricchi, semplicemente siamo riusciti a dar vita a una rete di
solidarietà. Quel che deve fare una parrocchia per il prossimo Esattamente. C’è
bisogno di una sedia a rotelle, chiediamo all’Unitalsi, c’è bisogno di accompagnare
qualcuno all’ospedale, lo troviamo, … di fronte ai vari bisogni si è creata una
rete di amicizia e solidarietà.
Invece
i vostri ospiti?
Ricambiano rendendosi utili in tanti
modi. Spazzano la chiesa e il cortile, oppure falciano l’erba del campo da
calcio. C’è invece chi segnala che da quando ci sono questi ospiti c’è sporco
attorno alla parrocchia e diversi parrocchiani hanno paura, addirittura non manderebbero
più i ragazzi a catechismo ……
Una gran balla la sporcizia.
Sarebbe meglio si preoccupassero di chi lascia mozziconi di sigarette o bottiglie
di birra vuote ovunque. Sotto il portico, nei vasi e tutt’intorno. Questa sì
che è sporcizia. Per me, invece, con questa presenza in parrocchia sono divenuti
palpabili l’affetto, la stima e l’aiuto reciproco. A chi critica direi ‘Venga a
messa la domenica’. Alla sera del Giovedì Santo, Michele era uno di quelli cui don
Roberto Brunato, assieme ad altri parrocchiani, ha lavato i piedi. Anche
l’inserimento scolastico della figlia più grande, a S.Umiltà, mi sembra un bel
segno. La bambina va all’asilo molto volentieri. Anche i suoi genitori hanno desiderio
di apprendere, per questo ogni mercoledì c’è una professoressa in pensione che
per un’ora e oltre s’impegna a insegnare loro l’italiano. Samira e Michele
stanno imparando dalle aste, come due scolaretti delle elementari.
Sono di origini bosniache, ma
solo la nonna viene di là per davvero; la giovane coppia e i due figli sono
nati in Italia e non sono mai espatriati. Ma per lo Stato italiano sono
cittadini bosniaci, clandestini, e rischiano continuamente l’espulsione. Ma per
mandarli dove? Dove non sono mai stati? Non hanno documenti, quindi non possono
lavorare, ma senza lavoro non possono nemmeno avere documenti. Un circolo
vizioso che non aiuta.
Per
ora un posto dove stare ce l’hanno?
Sì, all’ombra di alcuni alberi e
con un telo sopra le roulotte per ripararli dal sole estivo. Per ora sono integrati,
anzi, sto pensando anche di portarli a un campo estivo, magari con i ragazzi
delle superiori.
So che martedì fate festa con
loro?
Il 6 maggio è festa grande per i
Rom della ex Yugoslavia. Festeggiano San Giorgio e per tradizione mangiano
l’agnello al forno. Mi hanno invitato e io farò festa con loro e altri
parrocchiani. Magari non ricordano più le ragioni di questa festa, ma la tradizione
e lo spirito religioso li rispettano. Non abbiamo la pretesa di aver convinto
tutti con queste righe. Ma ci sentiamo di suggerire, a chi pensa di saperne
abbastanza, di andare almeno a confrontarsi con don Luca come abbiamo fatto
noi. Se c’è una cosa che non gli manca è la disponibilità a render ragione del
suo operato e di quello dei suoi collaboratori.
a cura di Giulio Donati
pubblicata
ne “Il Piccolo” settimanale di Faenza
Gurgevdan (festa di S.Giorgio)
Gurgevdan (pronuncia:
Giurgevdan), è la più importante celebrazione religiosa dei Rom dei Balcani.
Una festa di serenità e allegria, per sviluppare relazioni di comunità, così
importanti in queste popolazioni. La purificazione, gli auguri, i vestiti
nuovi, il pranzo e la musica sono ripresi da una cultura contadina come
auspicio per l’arrivo della primavera: viene a morire l’inverno e la primavera
dà inizio a un nuovo ciclo vitale, le tenebre vengono sostituite dalla luce,
cessa il sonno della natura, che si risveglia nella sua nuova esistenza. E
allora ci si purifica e si festeggia la nuova vita.
Le donne, all’alba, si lavano con
acqua di sorgente passandosi erba e uovo sul corpo per tenere lontane le
malattie. Tornate al campo preparano la festa. Tutti indossano abiti nuovi e le
donne quelli tradizionali. Gli auguri e la preparazione del pranzo occupano
tutta la mattinata. Il pranzo è a base di agnello, ma non si inizia a mangiare
se non c’è almeno un ospite. Dopo il pranzo si canta e si balla fino alla
mattina dopo e la notte è illuminata da falò e fuochi d’artificio.
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