1. Circa 24.000 persone muoiono ogni giorno per fame o cause ad
essa correlate. I dati sono migliorati rispetto alle 35.000 persone di dieci
anni fa o le 41.000 di venti anni fa. Tre quarti dei decessi interessano
bambini al di sotto dei cinque anni d'età.
2. Oggi, il 10% dei bambini che vivono in paesi in via di sviluppo muoiono prima di aver compiuto cinque anni. Anche in questo caso, il dato è migliorato rispetto al 28% di cinquanta anni fa.
3. Carestia e guerre causano solo il 10% dei decessi per fame,
benchè queste siano le cause di cui si sente più spesso parlare. La maggior
parte dei decessi per fame sono causati da malnutrizione cronica. I nuclei
familiari semplicemente non riescono ad ottenere cibo sufficiente. Questo a sua
volta è dovuto all'estrema povertà.
4. Oltre alla morte, la malnutrizione cronica causa
indebolimento della vista, uno stato permanente di affaticamento che causa una
bassa capacità di concentrarsi e lavorare, una crescita stentata ed un'estrema
suscettibilità alle malattie. Le persone estremamente malnutrite non riescono a
mantenere neanche le funzioni vitali basilari.
5. Si calcola che circa 800 milioni di persone nel mondo
soffrano per fame e malnutrizione, circa 100 volte il numero di persone che
effettivamente ne muoiono ogni anno.
6. Spesso, le popolazioni più povere necessitano di minime
risorse per riuscire a coltivare sufficienti prodotti commestibili e diventare
autosufficienti. Queste risorse possono essere: semi di buona qualità, attrezzi
agricoli appropriati e l'accesso all'acqua. Minimi miglioramenti delle tecniche
agricole e dei sistemi di conservazione dei cibi apportano ulteriore aiuto.
7. Numerosi esperti in questo campo, sono convinti che il modo
migliore per alleviare la fame nel mondo sia l'istruzione. Le persone istruite
riescono più facilmente ad uscire dal ciclo di povertà che causa la fame.
Fonti (divise in paragrafi):
1) Il Progetto contro la Fame nel Mondo, Nazioni Unite;
2) CARE;
3) Istituto per la promozione dello sviluppo e dell'alimentazione;
4) Programma mondiale per il cibo delle Nazioni Unite (WFP);
5) Organizzazione delle Nazione Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO);
6) Oxfam;
7) Fondo per l'infanzia delle Nazioni Unite (UNICEF)
1) Il Progetto contro la Fame nel Mondo, Nazioni Unite;
2) CARE;
3) Istituto per la promozione dello sviluppo e dell'alimentazione;
4) Programma mondiale per il cibo delle Nazioni Unite (WFP);
5) Organizzazione delle Nazione Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO);
6) Oxfam;
7) Fondo per l'infanzia delle Nazioni Unite (UNICEF)
LA FAME NEL MONDO
Secondo la FAO, 870 milioni di persone nel
mondo soffrono di denutrizione. Più della metà di loro vivono nell'Africa
Sub-sahariana e nell'Asia Meridionale.
Le cause della fame nel mondo sono
molto più complesse di quanto normalmente si pensi. Alla base della carenza di
cibo ci sono elementi connessi allo sviluppo economico, ai sistemi sanitari e
allo sviluppo sociale; ci sono conflitti e discriminazioni di genere. Ad
esempio, l'accesso all'acquapuò essere limitato non solo dalla scarsità
di acqua presente in natura, ma anche da barriere istituzionali o finanziarie
che ne impediscono l'utilizzo da parte delle comunità.
COSA PUOI FARE
Attivati contro gli sprechi.
222 milioni di tonnellate di cibo vengono sprecate ogni anno nei Paesi
industrializzati, una cifra pari alla produzione alimentare dell'intera Africa
Subsahariana! Mangia meno e meglio, privilegia i produttori locali, compra solo
quanto necessario, scegli prodotti semplici e di stagione e impara a
riutilizzare scarti e avanzi!
Dai un aiuto concreto.
Nei Paesi in via di sviluppo sono circa 190 milioni (un terzo del totale) i
bambini sotto i cinque anni che soffrono a causa della denutrizione. Ancora
oggi ci sono bambini che muoiono di fame, ma tu, insieme a Cesvi, puoi
portare dove è necessario aiuto e sviluppo, cambiando la loro vita e combattendo
la fame nel mondo!
L'agricoltura è l'antidoto alla fame nel mondo: un
modello di sviluppo dal Perù
L’agricoltura e l’allevamento, con maggiori investimenti
e una gestione razionale delle risorse, possono essere l’antidoto alla fame nel mondo e la
giusta soluzione nella lotta ai cambiamenti climatici.
A livello globale, gli agricoltori dei paesi a basso e medio reddito investono più di 170 miliardi di dollari ogni anno sui propri campi (circa 150 dollari per agricoltore): se gliinvestimenti fossero meglio mirati e meglio gestiti si potrebbero avviare grandi progetti.
E’ il messaggio centrale del rapporto annuale della Fao “The State of Food and Agricolture 2012” ed è la scommessa sulla quale le istituzioni internazionali e le organizzazioni umanitarie devono puntare oggi.
Fondazione Patrizio Paoletti e Associazione Paoletti Onlus lo hanno fatto sin dal 2008 nelle terre amazzoniche del Perù, in cui operano tramite il programma “Scuole nel Mondo” per garantire scuola, cibo e medicine ai bambini della comunità di Hipolito Unanue.
Da luogo inospitale, in cui il tasso di analfabetismo era solo uno dei sintomi di una povertà stringente, di una condizione disagiata dell’infanzia, di un carente sviluppo del territorio, grazie ad un progetto di microcredito Hipolito Unanue si è trasformata in un esempio virtuoso per tutti i villaggi limitrofi.
A livello globale, gli agricoltori dei paesi a basso e medio reddito investono più di 170 miliardi di dollari ogni anno sui propri campi (circa 150 dollari per agricoltore): se gliinvestimenti fossero meglio mirati e meglio gestiti si potrebbero avviare grandi progetti.
E’ il messaggio centrale del rapporto annuale della Fao “The State of Food and Agricolture 2012” ed è la scommessa sulla quale le istituzioni internazionali e le organizzazioni umanitarie devono puntare oggi.
Fondazione Patrizio Paoletti e Associazione Paoletti Onlus lo hanno fatto sin dal 2008 nelle terre amazzoniche del Perù, in cui operano tramite il programma “Scuole nel Mondo” per garantire scuola, cibo e medicine ai bambini della comunità di Hipolito Unanue.
Da luogo inospitale, in cui il tasso di analfabetismo era solo uno dei sintomi di una povertà stringente, di una condizione disagiata dell’infanzia, di un carente sviluppo del territorio, grazie ad un progetto di microcredito Hipolito Unanue si è trasformata in un esempio virtuoso per tutti i villaggi limitrofi.
INTERVISTA
A MATTEO DONATI
Responsabile centro
d’ascolto caritas Pesaro
“La caritas si occupa
di tante cose, si puo parlare di due filoni principali, uno è proprio quello
dell’aiuto concreto e l’altro invece è l’aspetto di sentinella. La caritas
oltre a fare deve anche comunicare ai cittadini i problemi dei quali tutta la
comunità si deve preoccupare perché da sola non andrebbe da nessuna parte. Bisogna pensare poi che dal 2008-2009 è iniziata la
crisi e i problemi sono aumentati.
Negli anni abbiamo
messo su un ampia rete di collaborazioni, con vari specialisti come medici,
dentisti, avvocati e altri. Poi ci sono le istituzioni. Ad esempio l’ultimo fatto dei profughi di Siracusa è un ottimo esempio
di come si lavora insieme. Dal ministero degli interni parte una richiesta: "E’
disposta Pesaro ad ospitare 40 persone?" – risposta del Prefetto: "Sì".
Il Prefetto cosa fa? Chiama tutti, chiama la Questura, chiama i Carabinieri, chiama la Guardia di Finanza, chiama la Caritas e alcuni esperti del settore. Ci si incontra in prefettura e si discute cercando di capire chi può accogliere queste persone, come accoglierle, etc. La Diocesi di Urbino trova una struttura, la caritas di Pesaro e di Urbino insieme si occupano di trovare tutto il vestiario per esempio, e siamo l^ anche quando arrivano, perché in mezzo a tutta la polizia e alle sirene in un paese straniero prendi anche paura quindi la caritas va lì anche per dare il benvenuto, per tranquillizzare un po’ le persone. E quindi alla fine si trova una soluzione.”
Il Prefetto cosa fa? Chiama tutti, chiama la Questura, chiama i Carabinieri, chiama la Guardia di Finanza, chiama la Caritas e alcuni esperti del settore. Ci si incontra in prefettura e si discute cercando di capire chi può accogliere queste persone, come accoglierle, etc. La Diocesi di Urbino trova una struttura, la caritas di Pesaro e di Urbino insieme si occupano di trovare tutto il vestiario per esempio, e siamo l^ anche quando arrivano, perché in mezzo a tutta la polizia e alle sirene in un paese straniero prendi anche paura quindi la caritas va lì anche per dare il benvenuto, per tranquillizzare un po’ le persone. E quindi alla fine si trova una soluzione.”
Dove si trova
fisicamente la caritas?
“C’è il centro di ascolto dove la gente viene e racconta
i problemi che ha per vedere se si trova una soluzione, poi ci sono luoghi più
operativi come la mensa e il magazzino dei vestiti.”
Chi viene a chiedervi
aiuto?
“Vengono persone di tutti i tipi, chi è appena arrivato e
sta cercando di integrarsi, chi si è gia integrato anni fa ma ora a causa della
crisi è rimasta senza lavoro, vengono le famiglie italiane in difficoltà, molti
dei problemi quotidiani qui si potrebbero risolvere da sole se solo ci fosse il
lavoro, che purtroppo con questa crisi manca. Poi viene anche chi ha problemi
di alcolismo, o con la droga, problemi di dipendenza da gioco e le dipendenze
in generale, oppure persone che sono troppo semplici, che non hanno gli
strumenti intelettivi e quindi molto sempre di più mi accorgo quanto molto più
dei discorsi valga dare l’esempio. Un buon esempio è Papa Francesco che con la
sua vita incarna un esempio.”
Cosa ti ha spinto a fare
questo lavoro?
“C'era la persona che stava qui prima di me che e andata
in pensione e poi Don Marco di Giorgio che era appena stato nominato direttore
che mi conosceva non riusciva a trovare nessuno disposto a farlo perché è un
posto un po’ particolare e quindi l’ha proposto a me. Io mi ero appena laureato
e all’epoca scrivevo per alcuni giornali, ma era un periodo in cui avevo molte
incertezze e mi sono detto "bene faccio una settimana di prova". Ho visto
che era un gran casino e ho detto: "Va bene accetto la sfida". E sono
contento di aver accettato perché mi ha cambiato la vita in meglio,
anche se ho avuto dei periodi molto difficili soprattutto all’inizio quando
dovevo mettere ordine qua dentro mi ha
fatto soffrire tante volte questo posto perché è molto dura una volta ho avuta
paura di alcune situazioni ma non mi sono mai arreso, sono uno che vuole andare
in fondo alle cose. Ho visto che posso aiutare le persone, ho notato che il mio
non è un lavoro d’ufficio ma che è meno formale e sono a diretto contatto con
le persone e ho deciso di non mollare, perché si ci sono poveri che cercano di
fregarti ma ci sono anche persone che hanno solo bisogno di una mano.”
Ha un messaggio da
dare ai giovani?
“Una cosa che dico
sempre sopra tutto ai ragazzi è: I poveri devono c’entrare nella nostra vita
sempre, perché anche se la rendono più complicata ma allo stesso tempo anche più
ricca e interessante, soprattutto ci ricorda che noi siamo uomini, non siamo
Dio.
E questo lo dico in base
alla mia esperienza personale, ogni volta che ho avuto a che fare con queste
persone mi sono gratificato molto più che con qualsiasi altra azione. Mi
spaventerebbe molto una vita in qui i poveri non ci siano, che ci sia solo io e
le mie richezze, probabilmente cadrei in depressione.”
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